La compagnia di bandiera non versa in buono stato di salute da un bel pò di tempo. Questo è noto alla gran parte degli italiani, e lo era anche prima del tracollo. A sapere come si è potuti arrivare a questo punto, però sono in pochi.
Alitalia è gestita per il 49,90% dal Ministero del Tesoro, per il 2,370% da TT International (una società con sede a Singapore che si occupa di commercio in elettronica) e per il restante 48% circa è flottante (le sue azioni sono cioè in vendita) alla Borsa di Milano.
Nonostante l'indebitamento finanziario netto (quello senza considerare i fondi cassa e i crediti a breve termine) sia sempre aumentato, invertendo la tendenza solo nel 2002 (anno in cui è decresciuto da 998 a 908 milioni di €) la crisi seria è arrivata di recente. La causa è una serie di congiunture: l'attacco alle Torri Gemelle, che per un certo periodo ha determinato un forte calo nei passeggeri; la recessione economica; infine il prosperare della concorrenza (in particolare delle compagnie low-cost).
Certo ci sono delle peculiarità della compagnia italiana che l'hanno portata a una situazione peggiore rispetto alle altre compagnie di bandiera europee. Sicuramente ha contribuito una cattiva gestione, che si è prolungata nel tempo e ha innalzato i costi spropositatamente. Alitalia ha un costo e un numero di impiegati per milione di passeggeri superiore, ad esempio, sia a Lufthansa che a British Airways. E i suoi manager prendono gli stipendi più alti d'Europa. Facciamo un esempio su tutti: Giancarlo Cimoli, Presidente di Alitalia dal 2004 al 2007, ha dichiarato 2 milioni e 700 mila euro. Senza contare la lauta liquidazione ottenuta dopo il disastro compiuto alle Ferrovie dello Stato (intorno ai 6,7 milioni di euro).
Ecco: non solo guadagnano in un anno quanto 210 dipendenti a contratto standard, ma riducono sul lastrico la società ottenendo anche una liquidazione per abbandonare l'incarico.
Ma non è finita qui: ci sono i manager incompetenti, dalla storia controversa. Basti pensare a Cesare Romiti (Amministratore Delegato di Alitalia dal 1969 al 1973, e che fra il 1970 e il 1972 ha ricoperto anche la carica di Direttore Generale) oggi noto perché proprietario dell'Impregilo (la società che ha in appalto la raccolta della spazzatura a Napoli) fino al 2006.
E ci sono anche i conflitti d'interesse. Un esempio: Giuseppe Bonomi, Presidente nel 2003 e nel 2004, è elegantemente passato al comando di Alitalia dopo essere stato Presidente della SEA (società che gestisce Malpensa) dal 1997 al 1999, dov'è tutt'ora in carica dal 2006. Lo scalo è attualmente al centro di una bufera: nato per alimentare il circolo di tangenti fermato da Mani Pulite nel 1992, si trova in un'area già servita da ben otto aeroporti internazionali: Linate a Milano, Caselle a Torino, Orio al Serio a Bergamo, Marco Polo a Venezia, ABD Airport a Bolzano, Marconi a Bologna, D'Annunzio a Brescia e l'Aeroporto di Verona. Resta in vita per il solo volere della Lega.
Detto tutto ciò, come salvare Alitalia? Occorrerebbe una ricapitalizzazione, che faccia disporre la compagia di fondi, e un piano che tagli i costi in eccesso, limiti gli sprechi e la cattiva gestione. Per fare questo il Governo Prodi aveva avviato un tentativo di privatizzazione del 39,9% (cifra che permette di aprire un'OPA, cioè un'Offerta Pubblica di Acquisto), aprendo due gare: la prima, nel 2006, rimasta deserta dopo che tutte e tre le società che si erano fatte avanti si sono ritirate. La seconda risale al Dicembre 2007, e ha visto le proposte di AP Holding (che controlla Air One insieme a Intesa San Paolo) e di Air France-KLM. Il Governo, valutate le offerte non solo con riferimento al prezzo, ma anche alla prospettiva industriale (mantenimento dei posti di lavoro, impegno a non rivendere la compagnia entro un certo periodo di tempo...), ha reso pubblica il 21 Dicembre la scelta di aprire una trattativa con Air France-KLM.
Con il cambio di Governo questa trattativa è saltata (probabilmente per le pressioni della Lega, a causa del progetto di Air France-KLM di applicare un taglio netto ai voli che fanno scalo a Malpensa in favore di Fiumicino). Nell'Aprile 2008, dopo il ritiro dell'offerta di Air France-KLM, è giunta la proposta di stanziare un prestito-ponte di 300milioni ad Alitalia per scongiurare il fallimento, bocciata dall'Unione Europea, che vieta gli aiuti di Stato. E così mercoledì 11 giugno la Commissione Ue, su proposta del suo vicepresidente e responsabile per i Trasporti, Antonio Tajani, aprirà una procedura per aiuti di Stato a carico dell'Italia e chiederà formalmente di sospendere il prestito.
Anche in Italia si era manifestato un forte dubbio sull'opportunità e sull'efficacia dello stanziamento: dati alla mano Alitalia è in perdita di una media di un milione di Euro al giorno (ha infatti perso 15 mila milioni di Euro in quindici anni), e a conti fatti il prestito-ponte non apporterebbe grandi benefici alla compagnia, poiché permetterebbe soltanto l'acquisto del gas per un anno.
Dunque la questione è ancora in stallo, più controversa di quanto i nostri politici credessero, mentre sul collo di Alitalia (e dei suoi dipendenti) grava la spada di Damocle del fallimento, ormai imminente, che aprirebbe la strada a una spartizione della compagnia da parte di un gruppo di imprenditori italiani (fra cui Savatore Ligresti - per saperne di più: http://www.areagratis.it/hostfile/download.php?file=646Ligresti.odt).
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