Riporto qui solo alcune brevi riflessioni (riassumere qui l'intero libro sarebbe impossibile) che ho scelto prendendo spunto dalle recenti polemiche.
Mafia e politica: sentenza Andreotti
Fondamentale per la mafia è il rapporto con la politica, che le garantisce l'impunità, e con l'imprenditoria, che ne ricicla i capitali acquisiti illecitamente; rapporto che fino a oggi non è stato messo in discussione da una netta presa di posizione contro la mafia da parte della classe dirigente nè politica nè imprenditoriale. Basti pensare che il sette volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti è stato condannato in via definitiva per la sua "partecipazione ad una associazione (per delinquere di stampo mafioso) segreta che non risulta da oggettive e dirette emergenze documentali e non è affermata in termini precisi da alcuno degli affiliati, ma deve essere, semmai, ricavata da una serie di fatti e di comportamenti", e che la Corte ha dichiarato "non doversi procedere nei confronti dello stesso Andreotti in ordine al reato di associazione per delinquere a lui ascritto [...] commesso fino alla primavera deI 1980, per essere Io stesso reato estinto per prescrizione; conferma, nel resto, la appellata sentenza" (virgolettato estratto dalle motivazioni della sentenza).
Mafia e politica II: il caso-Schifani
Renato Schifani, attuale Presidente del Senato, ha una biografia controversa.
Di professione avvocato, è stato più volte prestato alla politica: già iscritto alla Democrazia Cristiana, nel 1995 aderisce a Forza Italia e, dopo un incarico da consigliere comunale a Palermo, viene eletto al Senato della Repubblica in rappresentanza della coalizione di centro-destra. Negli anni '90 si afferma come avvocato urbanista, ricevendo numerosi incarichi in amministrazioni comunali siciliane.
In seguito alla sua elezione, è stato accusato di essere incompatibile a ricoprire la seconda carica dello Stato, per via delle sue frequentazioni in odore di mafia.
Sono due gli episodi che gli sono stati contestati: la partecipazione all'associazione Sicula Brokers e una consulenza ottenuta dal Comune di Villabate.
Nel primo caso soci dell'attuale Presidente del Senato erano: Giuseppe Lombardo, (amministratore di alcune società dei cugini Nino ed Ignazio Salvo, condannati per reati mafiosi) e Benny D'Agostino (amico del boss Michele Greco, detto il Papa). Schifani abbandona la società nel 1980, dopo nemmeno un anno di adesione.
Più inquietante è la seconda vicenda, che vede coinvolto il reggente di Villabate, Nino Mandalà, anche lui ex socio della Sicula Brokers. Secondo il pentito Francesco Campanella la consulenza per l'urbanistica e il piano regolatore fu concessa, tramite Enrico La Loggia, nell'ambito di un patto tra mafia e politica per la realizzazione di un megastore. Il Sindaco in quel periodo era Giuseppe Navetta (nipote di Mandalà), che "non prendeva mai iniziative prima di averne parlato con lo zio, tanto che quando in Municipio riceveva i giornalisti non si sedeva alla propria scrivania, ma la lasciava in segno di rispetto a Mandalà" (pag 14).
Centrale in questo fatto è la figura di Enrico La Loggia, figlio di Giuseppe (l'ex Presidente della Regione Sicilia, zio del giornalista Paolo Ruffini). In un dialogo intercettato fra Mandalà e Simone Castello (l'imprenditore che, fin dagli Anni '80, recapita i pizzini di Provenzano in tutta la Sicilia), il reggente di Villabate racconta di un suo incontro con La Loggia, in cui gli disse: "Enrico tu sai da dove vengo e che cosa ero con tuo padre...Io sono mafioso come tuo padre, perché con tuo padre me ne andavo a cercare i voti vicino a Villalba da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga...Ora [lui] non c'è [più], ma lo posso sempre dire io che tuo padre era mafioso...tu hai la coda di paglia come gli altri" (pagg 69-74).
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