Qualche anno fa, Giovanni Sartori scrisse sul Corriere che «a mentire ci provano tutti. Ma dove la tv è autenticamente libera le bugie hanno le gambe corte, mentre da noi hanno gambe lunghissime». Sartori, politologo fra i più eminenti in Italia, apprezzatissimo negli U.S.A. e considerato uno dei massimi esperti di politologia a livello internazionale, con quell'articolo metteva il dito nella piaga dell'informazione italiana.
Molti si chiedono perché la televisione sia così importante per i politici, e chi crede che non lo sia adduce l'esempio di Silvio Berlusconi: nonostante possegga tre emittenti televisive, nel 1996 e nel 2006 ha perso le elezioni. Ergo le televisioni non determinano spostamenti di voti.
Il problema in Italia è che il sistema televisivo è la maggiore fonte di informazione nazionale. Dati ISTAT rivelano che nel 2000 il 75% della popolazione guardava la tv contro il 58% che leggeva i quotidiani (in maggioranza locali). Dunque, nonostante l'aumento della fruizione di internet, è la televisione a farla da padrona nell'informazione.
Ecco perché è centrale capire se sia libera e pluralista o meno.
Il sistema televisivo in Italia è composto da sette reti, facenti capo a tre "poli": RAI, Mediaset e gruppo La7-Mtv. La RAI è la "televisione di Stato" ed è direttamente controllata dai partiti tramite la prassi della lottizzazione. Il controllo partitico dei tre canali televisivi, ma anche dei tre radiofonici, viene esercitato dalla Commissione Parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, meglio nota come Commissione di vigilanza RAI. La Commissione è stata istituita nel 1975 per togliere i media dello Stato dal controllo governativo e privilegiare il pluralismo, mettendoli in mano all'intero Parlamento. Le varie forze politiche, tuttavia, non hanno garantito l'interesse della collettività e sono ricorsi ad accordi più o meno espliciti per "spartirsi" la RAI.
Ritorniamo alla domanda iniziale: perché è così importante che la televisione sia pluralista ai fini del mantenimento della democrazia?
Ciò che è successo quando Silvio Berlusconi è diventato Presidente del Consiglio - accedendo al controllo della RAI oltre che delle sue tre reti private - ha fatto scandalo non solo in Italia, ma anche all'estero.
La condizione di sudditanza della televisone pubblica al potere politico, quando invece la libera informazione dovrebbe essere uno dei difensori della democrazia contro gli abusi del potere politico, ha avuto non pochi effetti sul diritto dei cittadini ad essere correttamente informati.
Come dice Sartori, infatti, «a mentire ci provano tutti», così come tutti gli uomini di potere in mala fede tentano di chiudere la botola da dove potrebbero uscire notizie sulle loro "macchie" (politiche o personali).
Gli anni del Berlusconi II (2001-2006) hanno visto l'Italia calare nella classifica di Reporters sans frontières sulla libertà di informazione (nel 2004 era al trentanovesimo posto, nel 2005 è scesa al quarantaduesimo, per poi risalire di due posti l'anno successivo).
Il 2002, poi, è stato l'anno delle "epurazioni", del cosiddetto "Editto bulgaro" (in cui Berlusconi, da Sofia dove era in visita ufficiale, dichiarò «L'uso che Biagi [...] Santoro [...] Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata coi soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere da parte della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga»).
Negli anni in cui l'informazione si è messa al servizio della politica, vi è stato un vero e proprio regime di censura, fatto di notizie scomparse, manipolate, oscurate dalla televisione pubblica assieme a chi si era macchiato della colpa di non essersi assogettato (Biagi, Santoro e Luttazzi, ma anche Corrado e Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, Carlo Freccero, Dario Fo e Franca Rame, e molti altri professionisti cacciati in nome di una logica che favorisce chi è sostenuto dai politici e non dalla sola propria bravura).
Quello che è successo durante il secondo governo Berlusconi è stata la radicalizzazione di un problema che si protrae sin dalla nascita della RAI: la mancanza di pluralismo (per maggiori informazioni a riguardo, consiglio Regime, scritto da Marco Travaglio e Peter Gomez).
L'omologazione dell'informazione, sottoposta a un "padrone" il cui interesse principale non era fare della RAI un'azienda di successo (e dunque una concorrente agguerrita di Mediaset), ha fatto sì che la censura non diventasse solo una prassi consolidata, ma che venisse addirittura praticata dagli stessi giornalisti preventivamente.
Oggi la storia sembra ripetersi: Berlusconi è di nuovo al Governo, e non sembra volere risolvere il suo immane conflitto d'interessi.
Il problema, si diceva all'inizio, non si pone solo durante la campagna elettorale. E' inutile, infatti, stabilire che i politici possono avere lo stesso tempo a disposizione nelle varie trasmissioni televisive RAI, quando uno di loro e i suoi alleati hanno a disposizione tre reti tutto l'anno per fare propaganda.
http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Downloads&d_op=getit&lid=1559&ext=_big.ram (visualizzazione con Real Player)
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Dichiarazione d'intenti
Questo blog non nasce per diventare un'accozzaglia di sfoghi giovanili, delusioni amorose e consigli musicali. Vorrei che, nel mare di informazioni che circolano in internet, questo piccolo spazio possa costituire uno scoglio cui aggrapparsi per non affogare in notizie incontrollate e incontrollabili. Chiunque potrà esprimere la propria opinione, non è mia intenzione creare un blog di partito, qualunque esso sia. Certo ho le mie idee, e non ho la pretesa di nasconderle per rincorrere il miraggio dell'obiettività. Sarò il più possibile onesta, precisa, dettagliata e disponibile al confronto. Chiedo altrettanto a chi vorrà contribuire alla crescita di questo blog.
martedì 10 giugno 2008
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